Le vetrate

Autrici:Elena Milani,Claudia Pasquini

Le pareti del Duomo di Milano sono costellate da un ciclo di 55 vetrate di grandissime dimensioni, realizzate tra la fine del Trecento e gli anni ottanta del Novecento.

Seppur questa arte fosse conosciuta e praticata anche in precedenza, raggiunse il suo massimo splendore con l’affermarsi dello stile gotico, di cui la presenza di vetrate è una delle caratteristiche principali; infatti, i cristiani dell’epoca ritenevano che la luce avesse il potere di avvicinare l’uomo a Dio.
Diventò quindi molto diffuso l'uso delle vetrate affinchè le cattedrali gotiche fossero, prima di tutto, luminose.

Le vetrate istoriate, con lo scopo di adornare le chiese, cominciarono ad essere realizzate anche in Italia durante il Medioevo: quelle della nostra cattedrale sono il frutto della collaborazione tra maestranze europee e artigiani locali.

Oltre ad avere l’importante significato simbolico cui si è già accennato, le vetrate avevano anche la funzione di biblia pauperum (libri dei poveri), al pari degli affreschi di epoca precedente; non bisogna infatti dimenticare che la maggior parte della popolazione era analfabeta. In questo modo, esse svolgevano un ruolo didattico, istruendo i fedeli sui misteri della Chiesa e le vicende dei protagonisti del Vecchio e del Nuovo testamento: acquisirono per questo motivo il nome di vetrate istoriate.

Nonostante le vetrate del Duomo milanese possano apparire simili a un occhio poco attento, presentano invece molte differenze stilistiche, anche a causa delle moltissime mani che le hanno create; non è in effetti un mistero che la costruzione della cattedrale abbia richiesto un lunghissimo tempo, permettendo così a elementi di diverse epoche storiche di coesostere nello stesso edificio.

Ciò che più le differenzia, tuttavia, è la tecnica con cui esse sono state realizzate, evolutasi nel corso del tempo.

I mastri-vetrai inizialmente, come quelli che crearono le vetrate più antiche (poste nei pressi dell’abside), avevano a disposizione una più ristretta gamma di colori e la colorazione dipendeva dalla cottura di speciali misture di sabbie e ossidi in appositi forni. Le lastre di vetro che si andavano creando in questo modo presentavano molte imperfezioni, tali da renderle oggi uniche ai nostri occhi. A questa fase seguiva il taglio delle varie lastre, secondo il bozzetto approvato, e la stesura della grisailles sulle tessere che ne risultavano: si tratta di una miscela di colore bruno-grigio scuro, con cui i mastri-vetrai aggiungevano i dettagli, come chiaroscuri o ombre.

Fu solo nell’Ottocento che vennero messi a punto smalti di ogni colore che venivano stesi sul vetro incolore e poi sottoposti a cottura; questo rivoluzionò la tecnica di produzione della vetrata in quanto gli smalti, come acquerelli, possono essere mescolati e sfumati a piacere dell’artista. Sebbene questa tecnica abbia offerto molti vantaggi ai mastri-vetrai, le vetrate con questa realizzate sono caratterizzate da una trasparenza, e quindi brillantezza, minore delle precedenti.

Bibliografia:

Ernesto Brivio, “Le vetrate del Duomo di Milano”, 2000, Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano